L’importanza di San Martino nel mondo agricolo e il suo curioso legame con Primiero.
Nel calendario delle festività nazionali ci sono alcune clamorose assenze. Una di questa è l’11 novembre, giorno in cui si ricorda San Martino di Tours. Se non siete ferrati in tema di santi sappiate che Martino non è un santo qualunque, soprattutto per chi come noi ha familiarità con la vita agricola. Per tradizione il giorno di San Martino è il momento in cui si considera completamente chiusa l’epoca della raccolta e si procede con le operazioni della semina. È un giorno di grandissima importanza simbolica, perché rappresenta la chiusura di un ciclo e la creazione delle premesse di quello che nascerà in primavera. La terra si prepara a riposare e la vita, rappresentata dal seme, si nasconde protetta nella profondità della terra. Secondo alcuni studiosi è una festa antichissima che si connette al Capodanno celtico (Samuin), il quale simboleggiava la morte e la rinascita delle forze naturali.
La bella storia di San Martino
Martino, come tutti sappiamo dall’iconografia cristiana, era quell’uomo a cavallo che tagliò a metà il proprio mantello per donarlo a un mendicante ignudo. Nacque nell’odierna Ungheria, intorno al 316 d.C., e fu un soldato dell’Impero Romano che combatteva in quella che allora si chiamava Gallia. Pare che in seguito a quel suo gesto disinteressato, ispirato da un forte sentimento di solidarietà, avvertì il forte desiderio di convertirsi al Cristianesimo e di dedicarsi alla vita monastica. Cosa che fece realmente, diventando un instancabile predicatore, soprattutto nelle campagne più sperdute e poco abitate. Tanto fece il
buon Martino che alla fine, nel 371, fu nominato vescovo della città di Tours e a lui furono attribuiti molti miracoli. Morì vecchio, l’8 novembre del 397 e, una volta fatto santo, il giorno del suo funerale divenne una data importantissima in tutta la Francia e in molti altri paesi d’Europa, compresa l’Italia, dov’è venerato come patrono in almeno 200 comuni.
Le tradizioni legate alla ricorrenza di San Martino
Martino è il santo protettore dei soldati, dei cavalieri, dei viaggiatori, dei mendicanti, degli osti e dei viticoltori. Le usanze europee connesse al nome di San Martino dipendevano in gran parte dal periodo in cui cade la sua festa, l’autunno avanzato, che è tempo di svinatura e di abbondanza dopo i raccolti, oltre che essere l’ultimo periodo relativamente mite prima del gelo invernale (la famosa estate di San Martino).
L’11 novembre era insomma un'occasione per glorificare il santo ma anche per celebrare i frutti della terra e l'abbondanza del buon cibo. Si riempivano i bicchieri con il vino nuovo e in più si riempivano le pance, soprattutto in un paese dalla variegata tradizione culinaria come l'Italia. E con l’occasione si rinnovavano i contratti agricoli, si andava alle fiere del bestiame per vendere gli animali e poi ci si ritrovava all’osteria per festeggiare l’annata conclusa.
Ecco perché le Pale sono dedicate a San Martino
E le Pale di San Martino c’entrano qualcosa con il santo dei cavalieri, dei viaggiatori e dei mendicanti? Il termine Pale deriva dal nome con cui qui in Primiero si indicavano i ghiaioni e i pendii erbosi situati alla base delle pareti rocciose. Ed è con questo nome che un tempo venivano definite le
meravigliose cime che dominano la nostra valle. I primi alpinisti che le scalarono alla fine dell’Ottocento, in maggioranza inglesi, le indicarono nei loro diari come Dolomiti di Primiero o Gruppo delle Pale. Solo in un secondo tempo, con il diffondersi del turismo montano e la costruzione di strade carrozzabili che favorirono lo sviluppo del piccolo centro di San Martino di Castrozza, le nostre meravigliose montagne divennero universalmente note come Pale di San Martino.
San Martino di Castrozza e l’origine del suo nome
Andiamo a vedere dunque come può essere nato il nome di San Martino di Castrozza. Se proviamo ad addentrarci in una breve indagine etimologica scopriamo che il termine Castrozza deriva con ogni probabilità dal castrum latino, a testimonianza del fatto che qui doveva esserci un avamposto militare romano lungo una via secondaria. Molto più
interessante però, almeno dal nostro punto di vista, è la dedica al santo, perché ci fa intuire quale potesse essere il legame del nostro territorio con il santo divenuto tanto popolare nell’Europa medievale. Il Passo Rolle era luogo di passaggio di merci e viaggiatori perché oltre a collegare val di Fiemme e val di Primiero, metteva anche in comunicazione il Tirolo con le terre venete. Qui tra l’altro passavano molti pellegrini diretti alla Terra Santa e quando si parla di pellegrini – che proprio a San Martino rivolgevano le loro preghiere - è facile immaginare che ci fosse la necessità di offrire loro una qualche forma di ospitalità.
Tutto nacque da un antico ospizio che ospitava i pellegrini
Circa mille anni fa dove oggi sorge San Martino di Castrozza c’erano solamente una chiesa e un ospizio dedicato ai santi Martino e Giuliano. Venne eretto da una comunità religiosa spontanea, che aveva adottato una regola di tipo benedettino. Fonti documentali attestano che questo ospizio aveva la finalità di dare assistenza ed
ospitalità a pellegrini, viandanti e commercianti che a partire dall’alto Medioevo si trovarono spesso ad affrontare la non facile impresa di attraversare le Alpi. Nel Quattrocento, quando i monaci abbandonarono l’eremo, il monastero venne sostituito da un semplice punto di ricovero senza obbligo di cura d’anime, che conservava però il precedente dovere di ospitare i viandanti. Dal nobile gesto di San Martino si arriva dunque allo spirito di accoglienza della comunità primierotta che, soprattutto nei mesi più freddi, offriva ristoro ai forestieri che transitavano per la valle. Quei nostri antenati non potevano certo immaginare che da quello spirito sarebbe derivato, molti secoli dopo, la nostra rinomata ospitalità turistica.
E nel frattempo, nelle stalle dove si produce il nostro latte…
Dopo aver divagato tra celebrazioni di santi, etimologie di nomi e memorie di antichi ospizi, torniamo ora alla realtà dei nostri allevatori e del loro latte, per noi tanto prezioso. Con la ricorrenza di San Martino anche il mondo della zootecnia chiude un
ciclo: dopo l’alpeggio, dopo la Desmontegada, dopo gli ultimi tagli di foraggio ora la vita si raccoglie all’interno della stalla, calda e accogliente, dove presto ci sarà il picco delle nascite di vitellini. Il lavoro non manca, questo è certo, ma c’è un po’ più di tempo per riposare e per riflettere su cosa ci aspetta quando il sole tornerà a scaldare i nostri prati.
Prima di lasciarci, un’ultima curiosità: avevate mai sentito il detto “fare San Martino”? Significa cambiare lavoro e luogo di lavoro o, in senso più ampio, traslocare. Deriva dal fatto che nel giorno di San Martino si concludevano i contratti dei braccianti e dei mezzadri e, se non c’era un rinnovo, ci si doveva spostare altrove. Oggi le cose sono molto cambiate, il detto però è rimasto e ci testimonia quanta importanza abbia avuto la ricorrenza di San Martino in tutte le campagne italiane.